Auto Storiche: Mercedes 300 SL Gullwing | Giornalemotori

2023-01-05 16:54:17 By : Mr. OLIVER CHEN

Fulgelturen (porte volanti) la chiamano i tedeschi, per gli inglesi è “gullwing” (ali di gabbiano), in Francia la battezzano “papillon” (farfalla). Dovunque vada, la W 198/I, meglio conosciuta come 300 SL coupè 2 posti, si conquista nomi di fantasia suggeriti dall’aspetto che la vettura assume quando le famose portiere in alluminio incernierate in alto sono aperte.

Già, le portiere: altri costruttori cercano di imitare questa soluzione affascinante. Invano. Negli anni Cinquanta, ci prova la Spatz, piccola vetturetta di appena 250 cm3, che viene carrozzata con le portiere incernierate sul tetto, ma rimane pur sempre una realizzazione sporadica.

Negli anni Sessanta Ferruccio Lamborghini incarica Nuccio Bertone di realizzare una granturismo dall’appeal della 300 SL: nasce la Marzal, con le “ali” di cristallo, che rimane allo stadio di prototipo.

Negli anni Settanta, invece, è il designer Giovanni Michelotti a ritentare l’esperimento partendo da un telaio motorizzato con il 4 cilindri della Lancia Beta: si dovrà arrendere di fronte alle difficoltà tecniche.

Oggi le portiere incernierate in alto non vengono più utilizzate perchè non abbastanza sicure. Così, con l’eccezione di qualche stranezza dei soliti tuner tedeschi, quelle della 300 SL restano uniche e irripetibili.

E dire che il segreto sta semplicemente nel padiglione e nella sua forma, tesa fra due archi sia in pianta, sia di profilo: questo fornisce all’impianto di incernieratura un supporto di eccezionale stabilità. Si sollevano con un dito, le ali di farfalla o gabbiano che dir si voglia, grazie a molle interni ad astucci telescopici che fanno da guida e da sostegno; basta solo accertarsi che i fermi scattino a fine corsa, per evitare ogni possibile ricaduta.

Ma facciamo un passo indietro della genesi di questa automobile straordinaria. Siamo nel 1949: decade, finalmente, il divieto imposto alla Casa tedesca di produrre vetture, unica eccezione per la 170 V, un progetto che risale ormai al 1935. Arrivano in breve la 220 e la 300. I tecnici della sezione sportiva capiscono che  il potente 6 cilindri che equipaggia la 300 può costruire il punto di partenza per un ambizioso programma sportivo. Attorno a quel motore nasce nl 1952 una coupè, con telaio a traliccio e carrozzeria particolarmente arrotondata.

Viene battezzata 300 SL (sport leicht, sportiva alleggerita) e fa il suo esordio alla sesta edizione del dopoguerra della Mille Miglia, dove conquista un secondo posto di classe. Niente male per un prototipo che può essere ulteriormente migliorato e che infatti si fa onore ottenendo successi in gare massacranti come la 24 Ore di Le Mans e la Carrera Panamericana in Messico.

La berlinetta piace per la sua linea ma soprattutto per le sue prestazioni. A questo punto entra in gioco Max Hoffman, mitico imporatore negli USA delle più belle auto sportive costruite in Europa. Quando Hoffman presenta un ordine di ben 1000 esemplari sulla base della SL, è sicuro di convincere la dirigenza della casa tedesca a intraprendere gli studi necessari per convertire la bella berlinetta da corsa in un’altrettanto attraente granturismo. Ma non c’è n’è bisogno: la Mercedes ha infatti oramai pronto un prototipo che inizia a fare il giro di tutti i saloni del mondo, compresi quelli oltreoceano. “Fantastica” è il giudizio dei piloti; “troppo spartana e da corsa”, la giudica invece la clientela che si serve di Hoffman.

Questo prototipo si caratterizza er le numerose prese d’aria sulle fiancate e per quella vistosa sul frontale. Il telaio della versionedi serie deriva, ovviamente, da quello della berlinetta da competizione: un telaio a traliccio di tubi che pesa pochissimo (circa 80 kg) e trae ispirazione dalle esperienze maturate dalla Mercedes in campo aeronautico. Gli specialisti del centro stile della casa, capitanati da Karl Kiffert, mettono nuovamente mano al prototipo per “addolcirlo”. Si allunga così il cofano, vengono gonfiati i volumi e vengono introdotti alcuni elementi decorativi, come i caratteristici “baffetti” sugli archi ruota e le inedite (quanto a forma) griglie sui fianchi.

La parte posteriore è invece oggetto di una vera rivoluzione: tutte le linee confluiscono al centro e in basso, con un effetto di fuga verso un orizzonte lontano. Tutte queste migliore portano ad un inevitabile aumento di peso: nel caso della berlinetta di Stoccarda si passa dagli 870 kg iniziali agli oltre 1100 kg effettivi. Prima di arrivare alla versione definitiva, si osservano, con il passare dei saloni, alcuni esperimenti per cercare di ottenere la perfezione, anche nei minimi particolari.

Prendiamo per esempio la maniglia di apertura delle portiere: all’inizio semplicemente non esiste: al suo posto c’è un semplice pulsante con una minuscola “unghia” per sollevare l’ala. Sul prototipo che la Mercedes espone a New York nel 1954 c’è una maniglia ad incavo, fissa, che in seguito viene però scartata. Sulla versione definitiva infatti si decide di montare una maniglia a scomparsa che fuoriesce grazie ad un pulsante. Stessa trafila verso la perfezione per il deflettore della portiera, unico elemento di contatto con l’esterno (i finestrini laterali infatti non si aprono): iniziamente è solo un accessorio decorativo, ma poi viene applicato un gallettone di apertura, indispensabile per dare aria all’abitacolo.

I 230 kg in più rispetto al prototipo costringono i tecnici a rivedere qualcosa nel 6 cilindri: bisogna tirar fuori qualche cavallo in più per renderlo veramente brillante. Anche in questo caso, il grande spirito collaborativo che unisce i vari reparti Mercedes contribuisce a risolvere questo delicato problema. Si decide di accettare la soluzione proposta da Hans Scherenberg, tecnico che si è formato presso il reparto motori Daimler-Benz Avio. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale aveva studiato per gli aerei un sistema meccanico di iniezione diretta della benzina. L’impianto montato sulla 300 SL, opportunamente miniaturizzato e sviluppato in colaborzione con la Bosch, prevede che la benzina venga spruzzata  direttamente  nel cilindro.

Il sistema ha un indubbio vantaggio: limita il pericolo di detonazione e raffredda le pareti della camera di combustione. Grazie a questa soluzione, il rapporto di compressione viene abbassato a 8,55:1 per funzionare senza problemi con le benzine “povere” degli anni Cinquanta. La potenza arriva dunque a superare quella della berlinetta da corsa (215 cv contro 175). Anche la coppia migliora a tutti i regimi, con un picco di 28 kgm a 4600 giri/min. Ma oltre alla potenza, l’iniezione diretta contribuisce  dare una dolcezza di marcia tale che sulla “ali di gabbiano” si può riprendere in quarta marcia da 35 km/h senza alcuna titubanza. Le sospensioni  puntano anche al confort.

Davanti c’è uno schema con quadrilateri deformabili, mentre dietro è stato studiato un ponte “pendolare”, che per la verità non è molto adatto a una granturismo e non consente una guida sportiva, poichè rende la vettura sottosterzante  all’ingresso in curva e decisamente sovrasterzante all’uscita, quando si da gas. Per fortuna il pilota della 300 SL può beneficiare del differenziale autobloccante costruito dalla ZF e dello sterzo particolarmente diretto, ma molto docile da azionare in movimento, grazi alla raffinata esecuzione della scatola guida a circolazione di sfere.

I freni, nonostante i tamburi di alluminio di generose dimensioni e alettati oer un migliore raffreddamento, servoassistiti da un comando prodotto dalla ATE, non hanno sicuramente l’efficienza dei dischi montati sulle coeve sportive inglesi. Questi difettucci limitano le prestazioni della SL nelle competizioni riservate alla categoria GT, anche se un piccolo lotto di vetture (29 in totale), viene allestito ufficialmente dalla Casa tedesca su richiesta di alcuni clienti e piloti per poter ben figurare in gara.

La carrozzeria è completamente in alluminio, le ruote sono di tipo sportivo con gallettone centrale; togliendo qualche pannelo interno di insonorizzazione il peso scende di circa 100 kg. Il 6 cilindri viene potenziato fino a 240 cavalli. La cura dimagrante non è però sufficiente a rendere la 300 SL imbattibile come era stato il prototipo da corsa. Bisogna piuttosto puntare sull’affidabilità, suo grane, indiscusso, pregio.

Gli interni sono come al solito molto curati. Il grande volante  in bachelite bianca si pieg, all’occorenza, per facilitare l’ingresso in abitacolo. La strumentazione, con tachimetro, contagiri, manometro olio e tempertura acqua, è raccolta davanti al pilota, ma gi strumenti secondari non sono di facile consultazione.

Oltre al classico argento metalizzato, la gamma colori comprende anche il rosso, il nero, il panna, il grigio topo e il blu. Per la selleria si può scegliere tra la pelle e il tessuto “principe di Galle”. A richiesta si possono avere i rostri (senza sovrapprezzo), colore extra gamma, volante non ribaltabile con quattro razze e corona in legno, cerchi bimetallici con attacco a gallettone e un pratico set di valigie dedicate. L’effetto scenico delle porte ad ali di gabbiano è devastante: attori e modelle fanno la fila per poterne avere una. Sophia Loren e Martine Carol la scelgono per prendere parte al Rally del Cinema e ottengono un successo travolgente.

Zsa Zsa Gabor ne prenota una grigia metalizzata, con interni in pelle nera. Gregory Peck, collezionista di vetture con la stella, alterna una coupè alla berlina, entrambe di colore rosso porpora. La produzione della “ali di gabbiano”, iniziata nel 1954, termina tre anni più tardi dopo 1400 esemplari. La sostituisce nel 1957 la versione aperta, anch’essa vivacemente richiesta da Max Hoffman per mandare i suoi agiati clienti in gita sulle spiagge assolate della California.

Denominata W 198/II, la roadster conserva le stesse caratteristiche tecniche della versione precedente, come il motore a iniezione diretta, ma beneficia anche dei perfezionamenti che tre anni di presenza sul mercato hanno suggerito. La potenza del 6 cilindri sale di 10 cavalli grazie a un nuovo albero a camme. La struttura del telaio viene irrobustita con tubi che partono dal tunnel della trasmissione e arrivano al traliccio del retrotreno.

Per renderlo meno ballerino, il ponte posteriore viene dotato di un mollone centrale di interconnessione che compensa le spinte laterali. Dal punto di vista estetico, si notano i fari a sviluppo verticale, qualche cromatura in più e, all’interno, la strumentazione secondaria raccolta davanti al pilota in un’unico quadrante, eccezion fatta per l’orologio. Nel 1958 viene fornito, a richiesta con sovrapprezzo di 1500 marchi, l’hardtop. Ne viene anche studiato uno con la parte alta apribile ad ala di gabbiano, sulla falsariga della coupè, ma rimane allo stadio di prototipo. Nel 1961 arrivano i freni a disco, una nuova scatoa guida e un inedito monoblocco in alluminio.

La roadster rimane a listino fino al 1963, per una produzione totale di 1858 esemplari.

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